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      Apportava inoltre impaccio coi molti equipaggi; intralciava con vane formalitā e pompe le operazioni da lui medesimo comandate; e col capriccio naturale ai principi, s'ingeriva a turbare i particolari disegni de' suoi generali. E questi perciō rimproveravano a sč medesimi, d'aver accettato "un comando ch'era solo di nome" pag. 28(19).
      Carlo Alberto, per esser generale, non cessava d'esser re. La guerra pertanto non era l'unico nč il principale suo pensiero; ma divideva la sua mente con la diplomazia, l'amministrazione e sopratutto la polizia: faceva mestieri preservare soldati e sudditi dall'esempio d'un popolo ch'era in atto di ribellione, e che pel momento non si poteva ricondurre ad alcun riguardo di scritti e di parole.
      Carlo Alberto, come rampollo della casa di Savoia, doveva continuare fra i sacrestani suoi ministri e generali, le sante affettazioni de' suoi predecessori; e mettere pertanto alli ordini del giorni ben assai pių messe e rosarii, che non facesse il vecchio Radetzki. Giunto dopo la disfatta presso Cremona, si trattenne per due ore in una chiesa, a cantare le litanie col suo stato maggiore, mentre l'esercito andava in perdizione. Per fermo era una prosapia veramente troppo antiquata, che si era scelta a rifare un gran popolo e condurre a compimento una gran rivoluzione.
     
      Carlo Alberto non aveva esperienza di guerra, aveva visto un solo giorno di battaglia; e non come generale. Era il granatiere del Trocadero e nulla pių.
      Nč i suoi generali avevano pių esperienza di lui.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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