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      I popoli servi possono venire arrolati tutti nella milizia, e aver la divisa militare e la militare obedienza; ma per i limiti insuperabili delle finanze, non possono rimanere in armi quanto tempo basti a divenire buona materia militare. Non possono acquistare la coerenza mecanica del soldato di mestiere; e non hanno l'ardenza del soldato cittadino. E' però a dirsi che quei soldati, appunto perchè non induriti alla milizia, hanno umanità coi popoli; e in ciò vuolsi onorare oltremodo l'esercito piemontese, in paragone all'austriaco, ove tanti furono impunemente rapaci, impunemente crudeli, incendiarii, uccisori di donne e di bambini. E anche la morta corruzione gesuitica, per la superbia di quella setta, non era discesa nella moltitudine dei poveri soldati; era un morbo e una lordura del capo, non di tutte le membra. Il Piemonte, fra l'immenso favore dei nostri popoli, sopratutto alpini, e contro un nemico già conquassato sui bastioni di Milano, avrebbe forse potuto con poche migliaia d'uomini robusti e squisitamente ammaestrati, e proveduti d'ogni servigio da campo, con officiali non d'anticamera nè da confessionale, e con un generale pugnace e indefesso, spazzar la campagna, affrontare le orde croate sull'Isonzo, chiudere le Alpi. I generali nemici riparati nelle fortezze, appena valevano a frenare l'interno fermento dei cittadini, e assicurare da subito impeto quei vasti recinti, ordinati solo per resistere al di fuori; non si poteva durare alla turbulenza dei soldati, e alle influenze d'un clima estranio.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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