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      Era solo per disgiungerle da Venezia, e trarle sotto al comando d'alcuno de' suoi, che potesse all'opportunità capitolarle al nemico. Queste malizie non si potevano celare perfettamente; laonde il governo provisorio fu costretto a richiedere il marchese Pareto, agente del re, di dar qualche schiarimento di certe lettere scritte dal campo romano "nelle quali, deplorandosi i recenti fatti militari delle provincie venete (cioè l'abbandono della Piave e il passaggio di Nugent), si cercava di spiegarli, imputandoli più che a necessità di guerra, a ordini pervenuti dal quartier generale dell'esercito piemontese, quasi si volesse far cader dubio sul leale procedere del governo di Sua Maestà". E il Pareto, cortigianamente negando, confessava "non essere la prima volta che gli giungevano all'orecchie rumori di questo genere"(55).
      Fra queste brutture, era giunto il mezzo maggio; e Nugent era sopra Treviso e Vicenza. Per buona ventura, i nostri volontarii vi avevano apportato il disprezzo del nemico e la semplice arte delle barricate; erano stati come scintilla sull'accensibil esca popolare. La difesa fu bella e felice a Treviso e a Vicenza. Allora Nugent si rimise in via per Verona, e si congiunse a Radetzki. Il quale, così rinforzato, cominciò allora la sua guerra, tentando di nuovo Vicenza; e la fece assalire il 23 maggio da 18 mila uomini con quaranta cannoni, che la fulminarono per diciott'ore. Vi perdette duemila uomini, ma invano. Fu per l'Italia il più glorioso fatto di tutta la guerra(56).


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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