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      Ne caddero quattrocento morti o feriti. Tra quelli il geologo Pilla napolitano; tra questi il Montanelli, e molti altri dei capi, De Laugier, Campìa, Ghigi, Giovanetti, Caminati. Quasi tutti i cannonieri spirarono sulle loro batterie; fu ammirato Giuseppe Elbano che vedendo ardersi intorno le vestimenta, gettolle; e durò nudo ed impavido al suo cannone. L'indugio salvò il re; il quale, avviluppato nelle ambagi della sua politica, non pensava in qual pericolo egli medesimo fosse.
     
      Infatti Wratislaw, passando sui cadaveri dei Toscani, e rimontando la riva destra del Mincio, riesciva dietro i Piemontesi, che stavano presso al fiume e al di là; ma per l'ostacolo trovato a Curtatone, non giunse a Goito il 29, nè in tempo d'opprimere quella stazione isolata, e d'intercettare il passo del ponte. Vi giunse solo alle tre dopo mezzodì del 30, quando il re aveva con tutto agio raccolti 24 mila uomini e 44 cannoni, in quella posizione preparata e forte.
      Dopo un combattimento d'artiglieria sulla fronte, si impegnarono i bersaglieri; questi nel ripiegarsi trassero seco in disordine la brigata Cuneo; successero le Guardie; e queste pure ebbero a retrocedere; ma fiancheggiate dal maggiore Mollard colla brigata Aosta, ripresero l'offensiva valorosamente. A sera, il nemico si ritirò, inseguito a tiro di cannone dalla cavalleria d'Aosta e di Nizza. Si fecero onore li artiglieri Prié, Cuggia, Sallier, Giacosa, Bocca; e fra i pochi Toscani e Napolitani che quivi avevano potuto ripiegarsi, Abuderame e Bartolomei.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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