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      Potè adunque dopo la battaglia mettere in postazione ferma 40 mila uomini e 80 cannoni. Intanto Peschiera era aperta. Peschiera gli assicurò un imperturbabile passaggio dall'una all'altra riva del Mincio; egli poteva tentar Verona, mentre Radetzki non poteva più accorrervi se non pel lontano circuito di Mantova. Tutto il gioco del nemico era dunque disfatto; disfatto dal generoso sacrificio dei Toscani, e dall'avarizia dei ladroni Croati. Radetzki perdè Peschiera, perchè soffriva che i suoi soldati fossero ladri; come aveva perduta Milano, perchè li aveva sofferti assassini. E se Carlo Alberto fosse stato semplice guerriero, e non re e gesuita, sarebbe volato per impeto d'animo al soccorso di quella prode gioventù toscana; e ributtato in Mantova Wratislaw, e avrebbe potuto intercettar Daspre sulla strada di Brescia; poi attraversata rapidamente l'aperta Peschiera, sarebbe stato in tempo a investir Verona, ove il nemico aveva lasciata poca gente; l'avrebbe fatta assalire a tergo dai Romani e Vicentini, e al di dentro dal popolo, acceso dal grido della sua vittoria. Pare che pensieri di questa fatta circolassero nel suo esercito(73).
      In quei giorni di gravissimo e non creduto pericolo, non v'era tra l'esercito nemico e Milano un solo battaglione. Il frivolo governo e li abbindolati cittadini erano tutti assorti nei loro registri. Il Collegno, il Perrone e li altri estrani in cui mano era la difesa della nostra città, non avevano preparato il più lieve ostacolo. La cavalleria del Daspre si sparse sulla riva del basso Ollio e del Clisio; si mostrò impunemente ad Asola, a Castel Goffredo, a Mèdole; ridestò per la prima volta nelle terre bresciane e cremonesi l'obliato terrore del nome austriaco.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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