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      Ma i combattenti, per difetto di cibo, non poterono moversi prima di mezzodì. La brigata Aosta andò finalmente allora verso Valleggio; ma fece duro incontro, giacchè l'avversario aveva avuto un intero giorno per munirsi e ricever gente. E anche sui poggi, la linea nemica si faceva sempre più fitta, per l'arrivo dei rimanenti battaglioni. La brigata Piemonte fu assalita di fianco, minacciata da tergo. "Il caldo era soffocante; si respirava appena; i nostri soldati soccombevano alla fatica; il numero dei feriti cresceva smisuratamente. Alle quattro pomeridiane l'offensiva non era più per noi"; pag. 69.
      Rimaneva speranza che frattanto Sonnaz, venendo da Peschiera, scendesse in riva al fiume, di fronte a Valleggio, e aiutasse a rimovere l'ostacolo che fendeva in due l'esercito. Ma egli avendo parimenti stanchi i soldati, mandò un annuncio di poter giungere solo alle sei. "Si durò qualche tempo in penosa rassegnazione"; poi non si potè più tener fermo; e fu forza abbandonare i colli indarno recuperati. Nè ciò solo; ma fu necessario pensare a ritirarsi di qua dal Mincio, avanti che il nemico vi tragittasse tutte le sue forze. Bisognava dunque fare un circuito di quindici miglia; cioè, raccogliersi prima in Villafranca, allontanandosi dal fiume; poi avvicinarvisi di nuovo, e passarlo a Goito.
     
      È forse che il re non avesse equipaggi di ponte, come li aveva il nemico, sicchè non potesse passare, in qualunque luogo, e immantinenti, un fiume di sì mediocre larghezza? Non lo sappiamo. Ma il male non era in siffatte cose di seconda mano.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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