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      Al confine piemontese, i generali avevano gią dato la parola d'ordine d'insultare i rifugiati, per salvare sč medesimi dallo sdegno che la calamitosa istoria avrebbe acceso nei popoli. A Novara parecchi dei nostri furono vituperati e battuti, come traditori dell'Italia e del re.
      Ci aveva trovati il re vittoriosi, gloriosi, concordi tutti nel provido patto della guerra vinta; ci aveva sconcertati, istupiditi, disarmati, consegnati infine al nemico; rimaneva solo di rapirci quella pietą che poteva consolare l'esilio. Fu la voce del nostro tradimento e della nostra viltą, ripetutami in Parigi per ogni parte ove fosse penetrata persona dell'ambasciata del re, che mi pose in mano la penna. Potevamo rassegnarci a perdere ogni cosa, non l'onore.
      E resta ancora ad attingere un'ultima citazione dal libro del Ferrero. "Il 7 agosto, verso le cinque, li officiali di guardia al ponte del Ticino ebbero la visita di otto giovani officiali austriaci. Li abbiamo invitati a dividere le frugale nostra mensa, Accettarono con somma gentilezza. In poco d'ora la pił schietta cordialitą regnava fra noi. Dopo due ore i nostri ospiti si levarono; e ci siamo avviati a condurli fino al di la del ponte - In mezzo al ponte due sentinelle erano in faccia; vedendo il buon accordo che regnava tra li officiali, quei bravi soldati avevano pensato a ravvicinarsi. L'Austriaco tendeva al suo confratello di guardia la metą della sua pagnotta nera; e il granatiere savoiardo gli porgeva la sua zucca piena di vino. Quella vista fu il segnale per noi di nuove proteste di stima, e ci dividemmo vicendevolmente contenti e superbi;"(104). Il povero officialetto di Sua Maestą, digiuno d'ogni sentimento nazionale, non si avvede come questo semplice suo racconto trafigga nelle viscere un popolo oppresso, disperso e martoriato.


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Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra
di Carlo Cattaneo
1849 pagine 315

   





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