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      - Francesco Sforza entrò in Milano dopo l'assedio come Enrico IV in Parigi; i suoi soldati, càrichi di pane, si lasciàvano depredare dalle turbe famèliche. Il primo pensiero del nuovo regnante fu di ristaurare il castello, smantellato dai republicani; si vide che gli Sforza non volèvano regnare sugli ànimi e cogli ànimi; e il savio cittadino Giorgio Piatto predisse le sventure che poi sopravènnero. Sforza ebbe pace dai Vèneti, perchè Costantinòpoli presa allora dai Turchi (an. 1454) chiamò altrove i loro pensieri. Francesco si mostrò sagace, non aspettando che la rivale casa di Francia s'ingerisse del suo Stato, ma prese l'ùnica via di sicura difesa, ponendo egli le mani nelle cose di Francia; e mandò suo figlio a soccòrrere Luigi XI, stretto dalla ribelle lega del ben pùblico. La facilità con cui le milizie italiane abbattèvano le fortezze, fece stupore a quei pòpoli, e palesò tutto il vantaggio che l'inoltrata civiltà degli Italiani avrebbe dato loro in lontane guerre! Il re ne diede grazie al duca con solenne ambasciata; non secondò le ragioni della casa d'Orléans sull'eredità dei Visconti; e pose Sforza in possesso di Gènova e di Savona; onde lo Stato Milanese ebbe di nuovo il nùmero di quìndici città, fra le quali Parma e Piacenza, e quelle ora piemontesi di Novara, Vigèvano, Valenza, Alessandria, Tortona e Bobbio. Ma il vecchio Sforza tosto morì; suo figlio, fedele ai pensieri paterni, difese la Savoja contro Carlo il Temerario; ma poco di poi fu pugnalato nella famosa congiura di Lampugnano, Olgiato e Visconti.


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Notizie naturali e civili su la Lombardia
di Carlo Cattaneo
1844 pagine 107

   





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