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      ”.
      Ebbene per mesi e mesi, dopo la relazione dei Cinque, si è seguitato - lo ricordate? - nei giornali che Crispi paga non del suo - a dare del bugiardo - come oggi a me - a Bernardo Tanlongo - meno male - e all’ispettore Martuscelli!
      Chi fosse il bugiardo ora si vede!
      E d’ora innanzi tra Crispi e un Bernardo Tanlongo sappiam, da un atto ufficiale, che è... Tanlongo che merita più fede! E l’altro vorrebbe... che gli credessero per Herz!
      Ma qui si vede qualche cosa di più. Se anche da ogni parte non trapelasse che il Chiara non è che un prestanome, o per usare una frase precisa dell’ispettore Martuscelli “una testa di legno”, anche se la raccomandazione non fosse resa più immorale dalla parentela, dall’enormezza della cifra, dall’insolvenza del debito - abbiamo nella falsa testimonianza del Crispi la prova - dico meglio, la confessione - ch’egli sapeva di non aver fatto cosa né corretta, né lecita: altrimenti non avrebbe, per nasconderla, ricorso a quell’altra cosa scorretta e illecita, che si chiama... una deposizione falsa!
      Mi direte che se, come tale, essa è contemplata dall’art. 214 del Codice Penale, va però esente da pena, per il successivo art. 215, “chi innanzi al giudice manifestando il vero, esporrebbe inevitabilmente sé medesimo a grave nocumento nell’onore”.
      Ma questa stessa dizione del Codice, sopprimendo la pena materiale, aggrava la figura morale del teste falso! E certo infatti non era onorevole, per un capo di governo, intimare favori per un parente a quella Banca Romana di cui per solenne dichiarazione e censura del Comitato dei Sette


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Lettera agli onesti di tutti i partiti
di Felice Cavallotti
1895 pagine 82

   





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