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      Il falso, voi mi dite, è un reato del questore! I tre giudici della Commissione, cioè Marescaichi e i due magistrati, non ne vollero sapere! Benissimo. Adesso leggete la lettera di Crispi al prefetto Giura con cui ammonisce acerbamente il Marescalchi che il suo preciso dovere era di prestar mano a quel rapporto falso e a tutti gli altri della questura e che associandosi invece ai due magistrati nel respingerlo, egli ha tradito il proprio dovere.
      Se il falso documento non ha servito, convenitene, non è colpa del signor Crispi che ha fatto di tutto per farlo valere!
     
      Ma e l’affare Herz? Abbiate pazienza, che verremo anche a quello. Dovendo prima mettere bene in sodo che quando Crispi e i suoi scribi smentiscono una cosa potete giurare a occhi chiusi che è vera, sebbene ce ne sia già d’avanzo, amo finire la dimostrazione, tanto più che l’affare Herz non è che l’anello di una catena. Vi sognate voi qualche cosa di lontanamente simile che fosse stato possibile con uomini i quali si chiamassero Quintino Sella o Lanza o Feracciù o Baccarini? Quell’affare fu possibile, perché c’era al potere chi, nel metter a frutto gli uffici pubblici, non aveva mai in sua vita patito di scrupoli. Ed è appunto perché questo vizio salta fuori ad ogni piè sospinto dalle pagine della sua vita, che a furia di leggerne tante, si trova essere di troppo questa pagina di più.
      Vi ricordate l’ultimo giorno della Camera? Presentata la relazione dei Cinque e sorta su di essa la discussione, Francesco Crispi, livido, s’alzò a dichiarare che “era tutto un tessuto di perfidie e di menzogne”.


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Lettera agli onesti di tutti i partiti
di Felice Cavallotti
1895 pagine 82

   





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