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      Giunto all'età de' quindici anni, contro al volere di mio padre mi missi abbottega all'orefice con uno che si chiamò Antonio di Sandro orafo, per soprannome Marcone orafo. Questo era un bonissimo praticone, e molto uomo dabbene, altiero e libero in ogni cosa sua. Mio padre non volse che lui mi dessi salario, come si usa agli altri fattori, acciò che, da poi che volontaria io pigliavo a fare tale arte, io mi potessi cavar lo voglia di disegnare quanto mi piaceva. E io cosí facevo molto volentieri, e quel mio dabben maestro ne pigliava maraviglioso piacere. Aveva un suo unico figliuolo naturale, al quali lui molte volte gli comandava, per risparmiar me. Fu tanta la gran voglia o sí veramente inclinazione, e l'una e l'altra, che in pochi mesi io raggiunsi di quei buoni, anzi i migliori giovani dell'arte, e cominciai a trarre frutto delle mie fatiche. Per questo non mancavo alcune volte di compiacere al mio buon padre, or di flauto or di cornetto sonando; e sempre gli facevo cadere le lacrime con gran sospiri ogni volta che lui mi sentiva; e bene spesso per pietà lo contentavo, mostrando che ancora io ne cavavo assai piacere.
     
      VIII. In questo tempo, avendo il mio fratello carnale minore di me dua anni, molto ardito e fierissimo, qual divenne dappoi de' gran soldati che avessi la scuola del maraviglioso signor Giovannino de' Medici, padre del duca Cosimo: questo fanciullo aveva quattordici anni in circa, e io dua piú di lui. Era una domenica in su le 22 ore in fra la porta a San Gallo e la porta a Pinti, e quivi si era disfidato con un garzone di venti anni in circa con le spade in mano: tanto valorosamente lo serrava, che avendolo malamente ferito, seguiva piú oltre.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536

   





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