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      Alla presenza era moltissime persone, infra le quali v'era assai sua parenti uomini; e veduto la cosa andare per la mala via, messono mano a molte frombole e una di quelle colse nel capo del povero giovinetto mio fratello: subito cadde in terra svenuto come morto. Io che a caso mi ero trovato quivi e senza amici e senza arme, quanto io potevo sgridavo il mio fratello che si ritirassi, che quello che gli aveva fatto bastava; intanto che il caso occorse che lui a quel modo cadde come morto. Io subito corsi e presi la sua spada, e dinanzi a lui mi missi, e contra parecchi spade e molti sassi, mai mi scostai dal mio fratello, insino a che da la porta a San Gallo venne alquanti valorosi soldati e mi scamporno da quella gran furia, molto maravigliandosi che in tanta giovinezza fussi tanto gran valore. Cosí portai il mio fratello insino a casa come morto, e giunto a casa si risentí con gran fatica. Guarito, gli Otto che di già avevano condennati li nostri avversari, e confinatigli per anni, ancora noi confinorno per se' mesi fuori delle dieci miglia. Io dissi al mio fratello: - Vienne meco - e cosi ci partimmo dal povero padre, e in cambio di darci qualche somma di dinari, perché non n'aveva, ci dette la sua benedizione. Io me n'andai a Siena a trovare un certo galante uomo che si domandava maestro Francesco Castoro; e perché un'altra volta io, essendomi fuggito da mio padre, me n'andai da questo uomo dabbene e stetti seco certi giorni, insino che mio padre rimandò per me, pure lavorando dell'arte dell'orefice; il ditto Francesco, giunto a lui, subito mi ricognobbe e mi misse in opera.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536

   





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