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      Questo me lo disse misser Alberto Bendedio in Ferrara, e con gran sicumera me ne mostrò certi ritratti di terra; al quali io mi risi; e non dicendo altro, misser Alberto Bendedio, che era uomo superbo, isdegnato mi disse: - Tu te ne ridi, eh? e io ti dico che da mill'anni in qua non c'è nato uomo che gli sapessi solamente ritrarre -. E io, per non tor loro quella riputazione, standomi cheto, stupefatto gli ammiravo. Mi fu detto in Roma da molti signori di questa opera, che a lor pareva miracolosa e antica; alcuni di questi, amici mia; e io baldanzoso di tal faccenda, confessai d'averli fatti io. Non volendo crederlo, ond'io volendo restar veritiero a quei tali, n'ebbi a dare testimonianza a farne nuovi disegni; ché quella non bastava, avenga che li disegni vecchi il ditto maestro Iacomo astutamente portar se gli volse. In questa piccola operetta io ci acquistai assai.
     
      XXIX. Seguitando apresso la peste molti mesi, io mi ero scaramucciato, perché mi era morti di molti compagni, ed ero restato sano e libero. Accadde una sera in fra le altre, un mio confederato compagno menò in casa a cena una meretrice bolognese, che si domandava Faustina. Questa donna era bellissima, ma era di trenta anni in circa, e seco aveva una servicella di tredici in quattordici. Per essere la detta Faustina cosa del mio amico, per tutto l'oro del mondo io non l'arei tocca. Con tutto che la dicesse essere di me forte innamorata, constantemente osservavo la fede allo amico mio; ma poi che a letto furno, io rubai quella servicina, la quali era nuova nuova, ché guai allei se la sua padrona lo avessi saputo.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536

   





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