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      - E gli dissi: - La notte passata, e innella giovinissima fanciulletta -. Allora avvedutosi lui delle sciocche parole usate, subito mi disse: - Sí per esser giovini a cotesto modo, le quali ancor non putano, e per essere a buona ora il rimedio, non aver tanta paura, chi io spero per ogni modo guarirti -. Medicatomi, e partitosi, subito comparse un mio carissimo amico, chiamato Giovanni Rigogli, il quali, increscendoli e del mio gran male e dell'essere lasciato cosí solo da il compagno mio, disse: - Non ti dubitare, Benvenuto mio, che io mai non mi spiccherò da te, per infin che guarito io non ti vegga -. Io dissi a questo amico, che non si appressassi a me, perché spacciato ero. Solo lo pregavo che lui fussi contento di pigliare una certa buona quantità di scudi che erano in una cassetta quivi vicina al mio letto, e quelli, di poi che Idio mi avessi tolto al mondo, gli mandassi a donare al mio povero padre, scrivendogli piacevolmente, come ancora io avevo fatto sicondo l'usanza che prommetteva quella arrabbiata istagione. Il mio caro amico mi disse non si voler da me partir in modo alcuno, e quello che da poi occorressi innell'uno o innell'altro modo, sapeva benissimo quel che si conveniva fare per lo amico. E cosí passammo innanzi con lo aiuto di Dio: e con i maravigliosi rimedi cominciato a pigliare grandissimo miglioramento, presto a bene di quella grandissima infirmitate campai. Ancora tenendo la piaga aperta, dentrovi la tasta e un piastrello sopra, me ne andai in sun un mio cavallino salvatico, il quale io avevo.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536

   





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