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      Somissamente mi chiamò compare (che cosí ci chiamavamo per burla); e mi pregò per l'amor di Dio, dicendo queste parole quasi che piangendo: - Compar mio, io vi priego che voi non facciate dispiacere a quella poverina, perché lei non ha una colpa al mondo -. A il quale io dissi: - Se a questa prima parola voi non mi vi levate dinanzi, io vi darò di questa spada in sul capo -. Spaventato questo mio povero compare, subito se li mosse il corpo, e poco discosto possette andare, che bisognò che gli ubbidissi. Gli era uno stellato, che faceva un chiarore grandissimo: in un tratto io sento un romore di piú cavagli e da l'un canto e dall'altro venivano inanzi: questi si erano il ditto Luigi e la ditta Pantassilea accompagnati da un certo misser Benvegnato perugino, cameriere di papa Clemente, e con loro avevano quattro valorosissimi capitani perugini, con altri bravissimi giovani soldati: erano in fra tutti piú che dodici spade. Quando io viddi questo, considerato che io non sapevo per qual via mi fuggire, m'attendevo a ficcare in quella siepe; e perché quelle pungente marmerucole mi facevano male, e mi aissavo come si fa il toro, quasi risolutomi di fare un salto e fuggire; in questo, Luigi aveva il braccio al collo alla ditta Pantassilea, dicendo: - Io ti bacerò pure un tratto, al dispregio di quel traditore di Benvenuto -. A questo, essendo molestato dalle ditte marmerucole e sforzato dalle ditte parole del giovine, saltato fuora, alzai la spada, e con gran voce dissi: - Tutti siate morti -. In questo il colpo della spada cadde in su la spalla al detto Luigi: e perché questo povero giovine que' satiracci l'avevano tutto inferrucciato di giachi e d'altre cose tali, il colpo fu grandissimo; e voltasi la spada, dette in sul naso e in su la bocca alla ditta Pantassilea.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
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