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      Il povero Papa disperato, vedutosi essere assassinato drento e fuora, disse che lasciava il pensiero alloro. Cosí, levatoci la commessione, io che non potevo stare alle mosse, quando io seppi che mi venivano a dare ordine che io non tirassi, detti fuoco a un mezzo cannone che io avevo, il qual percosse in un pilastro di un cortile di quella casa, dove io vedevo appoggiato moltissime persone. Questo colpo fece tanto gran male ai nimici, che gli fu per fare abandonare la casa. Quel cardinale Orsino ditto mi voleva fare o impiccare o ammazzare in ogni modo; alla qual cosa il Papa arditamente mi difese. Le gran parole che occorson fra loro, se bene io le so, non facendo professione di scrivere istorie, non mi occorre dirle: solo attenderò al fatto mio.
     
      XXXIX. Fonduto che io ebbi l'oro, io lo portai al Papa, il quale molto mi ringraziò di quello che io fatto avevo, e commesse al Cavalierino che mi donasse venticinque scudi, scusandosi meco che non aveva piú da potermi dare. Ivi a pochi giorni si fece l'accordo. Io me ne andai col signor Orazio Baglioni insieme con trecento compagni alla volta di Perugia; e quivi il signor Orazio mi voleva consegnare la compagnia, la quale io per allora non volsi, dicendo che volevo andare a vedere mio padre in prima, e ricomperare il bando che io avevo di Firenze. Il detto signore mi disse, che era fatto capitano de' Fiorentini; e quivi era ser Pier Maria di Lotto, mandato dai detti Fiorentini, a il quale il detto signor Orazio molto mi raccomandò come suo uomo.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536

   





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