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      Cosí tornato ne l'osteria domandai l'oste; il qual mi rispose che non aveva che far di noi, e che noi andassimo al bordello. Quivi era un suo fanciullaccio ragazzo di stalla, tutto sonnachioso, il quale mi disse: - L'oste non si moverebbe per il Papa, perché e' dorme seco una certa poltroncella che lui ha bramato assai - e chiesemi la bene andata; onde io li detti parecchi di quelle piccole monete veniziane, e li dissi che trattenessi un poco quello che tirava l'alzana, insinché io cercassi delle mie pianelle e ivi tornassi. Andatomene su, presi un coltelletto che radeva, e quattro letti che v'era, tutti gli tritai con quel coltello; in modo che io cognobbi aver fatto un danno di piú di cinquanta scudi. E tornato alla barca con certi pezzuoli di quelle sarge nella mia saccoccia, con fretta dissi al guidatore dell'alzana che prestamente parassi via. Scostatici un poco dalla osteria, el mio compar Tribolo disse che aveva lasciato certe coreggine che legavano la sua valigetta, e che voleva tornare per esse a ogni modo. Alla qual cosa io dissi che non la guardassi in dua coreggie piccine, perché io gnene farei delle grande quante egli vorrebbe. Lui mi disse io ero sempre in su la burla, ma che voleva tornare per le sue coreggie a ogni modo; e faccendo forza all'alzana che e' fermassi, e io dicevo che parassi innanzi, in mentre gli dissi il gran danno che io avevo fatto a l'oste: e mostratogli il saggio di certi pezzuoli di sarge e altro, gli entrò un triemito addosso sí grande, che egli non cessava di dire all'alzana: - Para via, para via presto - e mai si tenne sicuro di questo pericolo, per insino che noi fummo ritornati alle porte di Firenze.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536

   





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