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      E con esso veniva un certo Mattio Franzesi, il quale pareva che gli paressi mill'anni ancora allui io mi morissi; non perché allui avessi a toccar nulla del mio, ma pareva che lui desiderassi quel che misser Giovanni mostrava aver gran voglia. Io avevo quel Filice già detto mio compagno, il quale mi dava il maggiore aiuto che mai al mondo potessi dare uno uomo a un altro. La natura era debilitata e avvilita a fatto; e non mi era restato tanta virtú che, uscito il fiato, io lo potessi ripigliare; ma sí bene la saldezza del cervello istava forte, come la faceva quando io non avevo male. Imperò stando cosí in cervello, mi veniva a trovare alletto un vecchio terribile, il quale mi voleva istrascicare per forza drento in una sua barca grandissima; per la qual cosa io chiamavo quel mio Felice, che si accostassi a me, e che cacciassi via quel vecchio ribaldo. Quel Felice, che mi era amorevolissimo, correva piagnendo e diceva: - Tira via, vecchio traditore, che mi vuoi rubare ogni mio bene -. Messer Giovanni Gaddi allora, ch'era quivi alla presenza, diceva; - Il poverino farnetica, e ce n'è per poche ore -. Quell'altro Mattio Franzesi diceva: - Gli ha letto Dante, e in questa grande infermità gli è venuto quella vagillazione - e diceva cosí ridendo: - Tira via, vecchio ribaldo, e non dare noia al nostro Benvenuto -. Vedutomi schernire, io mi volsi a messer Giovanni Gaddi e allui dissi: - Caro mio padrone, sappiate che io non farnetico, e che gli è il vero di questo vecchio, che mi dà questa gran noia.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536

   





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