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      Questi ragionamenti noi gli avemmo, piú e piú volte, ma in fra l'altre un dí de l'Epifania, che noi eramo insieme presso alla Magliana, e di già era quasi finito il giorno: il qual giorno io avevo ammazzato col mio scoppietto de l'anitre e de l'oche assai bene; e quasi resolutomi di non tirar piú il giorno, ce ne venivamo sollecitamente in verso Roma. Chiamando il mio cane, il quale chiamavo per nome Barucco, non me lo vedendo innanzi, mi volsi e vidi che il ditto cane ammaestrato guardava certe oche che s'erano appollaiate in un fossato. Per la qual cosa io subito iscesi; messo in ordine il mio buono scoppietto, molto lontano tirai loro, e ne investi' dua con la sola palla; ché mai non volsi tirare con altro che con la sola palla, con la quale io tiravo dugento braccia, e il piú delle volte investivo; che con quell'altri modi non si può far cosí; di modo che, avendo investito le dua oche, una quasi che morta e l'altra ferita, che cosí ferita volava malamente, questa la seguitò il mio cane e portommela; l'altra, veduto che la si tuffava adrento innel fossato, li sopraggiunsi adosso. Fidandomi de' mia stivali ch'erano assai alti, spignendo il piede innanzi mi si sfondò sotto il terreno: se bene io presi l'oca, avevo pieno lo stivale della gamba ritta tutto d'acqua. Alzato il piede all'aria votai l'acqua, e montato a cavallo, ci sollecitavàno di tornarcene a Roma; ma perché egli era gran freddo, io mi sentivo di sorte diacciare la gamba, che io dissi a Filice: - Qui bisogna soccorrer questa gamba, perché io non cognosco piú modo a poterla sopportare -. Il buon Filice sanza dire altro scese del suo cavallo, e preso cardi e legnuzzi e dato ordine di voler far fuoco, in questo mentre che io aspettavo, avendo poste le mani in fra le piume del petto di quell'oche, senti' assai caldo; per la qual cosa io non lasciai fare altrimenti fuoco, ma empie' quel mio stivale di quelle piume di quell'oca, e subito io sentii tanto conforto, che mi dette la vita.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
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