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      Quando noi fummo drento in circa quattro miglia, il ditto lago cominciò a far fortuna, di sorte che quelli che vogavano ci chiedevano aiuto che noi gli aiutassimo vogare; cosí facemmo un pezzo. Io accennavo, e dicevo che ci gettassino a quella proda di là; lor dicevano non esser possibile, perché non v'è acqua che sostenessi la barca, e che e' v'è certe secche, per le quale la barca subito si disfarebbe e annegheremmo tutti, e pure ci sollecitavano che noi aiutassimo loro. E' barcheriuoli si chiamavano l'un l'altro, chiedendosi aiuto. Vedutogli io sbigottiti, avendo un caval savio gli acconciai la briglia al collo e presi una parte della cavezza con la man mancina. Il cavallo che era, sí come sono, con qualche intelligenza, pareva che si fussi avveduto quel che io volevo fare, che avendogli volto il viso in verso quell'erba fresca, volevo che, notando, ancora me istrascicassi seco. In questo venne una onda sí grande da quel lago, che la soprafece la barca. Ascanio gridando: - Misericordia, padre mio, aiutatemi - mi si volse gittare addosso; il perché io messi mano al mio pugnaletto, e gli dissi che facessino quel che io avevo insegnato loro, perché i cavagli salverebbon lor la vita sí bene, com'io speravo camparla ancora io per quella via; e se piú e' mi si gittassi addosso, io l'ammazzerei. Cosí andammo innanzi parecchi miglia con questo mortal pericolo.
     
      XCVI. Quando noi fummo a mezzo il lago, noi trovammo un po' di piano da poterci riposare, e in su questo piano viddi ismontato quei quattro gentiluomini tedeschi.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536

   





Ascanio