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      Ma fu tanto iscimunito da poi, che lui non mi avvisò nulla; che certo io per non vituperare uno sciocco fantoccino, per amor della patria, arei trovato qualche scusa per rattoppare quella sua sciocca saccenteria. Subito aùto la lettera del reverendissimo cardinale di Ferrara, risposi, come del cardinal de' Gaddi io non sapevo nulla al mondo, e che se pure lui mi avessi tentato di tal cosa, io non mi sarei mosso di Italia senza saputa di Sua Signoria reverendissima, e maggiormente che io avevo in Roma una maggior quantità di faccende che mai per l'adietro io avessi aute; ma che a un motto di Sua Maestà cristianissima, dettomi da un tanto Signore, come era Sua Signoria reverendissima, io mi leverei subito, gittando ogni altra cosa a traverso. Mandato le mie lettere, quel traditore del mio lavorante perugino pensò a una malizia, la quale subito gli venne ben fatta rispetto alla avarizia di papa Pagolo da Farnese, ma piú del suo bastardo figliuolo, allora chiamato duca di Castro. Questo ditto lavorante fece intendere a un di que' segretari del signor Pierluigi ditto, che, essendo stato meco per lavorante parecchi anni, sapeva tutte le mie faccende; per le quale lui faceva fede al ditto signor Pierluigi, che io ero uomo di piú di ottanta mila ducati di valsente, e che questi dinari io gli avevo la maggior parte in gioie; le qual gioie erano della Chiesa, e che io l'avevo rubate nel tempo del sacco di Roma in castel Sant'Agnolo, e che vedessino di farmi pigliare subito e segretamente.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536

   





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