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      Solo potria essere, che quando quel povero uomo di papa Clemente si volse accordare con quei ladroni di quelli imperiali, che gli avevano rubato Roma e vituperata la Chiesa, veniva a negoziare questo accordo uno che si domandava Cesare Iscatinaro, se ben mi ricordo; il quale, avendo quasi che concluso l'accordo con quello assassinato Papa, per fargli un poco di carezze, si lasciò cadere di dito un diamante, che valeva in circa quattromila scudi: e perché il ditto Iscatinaro si chinò a ricorlo, il Papa gli disse che lo tenessi per amor suo. Alla presenza di queste cose io mi trovai in fatto: e se questo ditto diamante vi fussi manco, io vi dico dove gli è ito; ma io penso sicurissimamente che ancora questo troverrete iscritto. Di poi a vostra posta vi potrete vergognare di avere assassinato un par mio, che ho fatto tante onorate imprese per questa Sieda appostolica. Sappiate che se io non ero io, la mattina che gli imperiali entrorno in Borgo, sanza impedimento nessuno entravano in Castello; eio, sanza esser premiato per quel conto, mi gittai vigorosamente alle artiglierie, che i bombardieri e' soldati di munizione avevano abbandonato, e messi animo a un mio compagnuzzo, che si domandava Raffaello da Montelupo, iscultore, che ancora lui abbandonato s'era messo innun canto tutto ispaventato, e non facendo nulla: io lo risvegliai; e lui e io soli amazzammo tanti de' nemici, che i soldati presono altra via. Io fui quello che detti una archibusata allo Scatinaro, per vederlo parlare con papa Clemente sanza una reverenza, ma con ischerno bruttissimo, come luteriano e impio che gli era.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536

   





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