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      Avevasi preso per compagno e per aiuto un cancelliere che stava col ditto Castellano. Questo cancelliere si domandava Luigi, ed era padovano. Volendo far fare le ditte chiave, il magnano li scoperse; e perché il Castellano mi veniva alcune volte a vedere alla mia stanza, e vedutomi che io lavoravo di quelle cere, subito ricognobbe la ditta cera e disse: - Se bene a questo povero uomo di Benvenuto è fatto un de' maggior torti che si facessi mai, meco non dovev'egli far queste tale operazione, che gli facevo quel piacere che io non potevo fargli. Ora io lo terrò istrettissimo serrato e non gli farò mai piú un piacere al mondo -. Cosí mi fece riserrare con qualche dispiacevolezza
      , massimo di parole dittemi da certi sua affezionati servitori, e' quali mi volevano bene oltramodo, e ora per ora mi dicevano tutte le buone opere che faceva per me questo signor Castellano; talmente che in questo accidente mi chiamavano uomo ingrato, vano e sanza fede. E perché un di quelli servitori piú aldacemente che non si gli conveniva mi diceva queste ingiurie, onde io sentendomi innocente, arditamente risposi, dicendo che mai io non mancai di fede, e che tal parole io terrei a sostenere con virtú della vita mia, e che se piú e' mi diceva o lui o altri tale ingiuste parole, io direi che ogniuno che tal cosa dicessi, se ne mentirebbe per la gola. Non possendo sopportare la ingiuria, corse in camera del Castellano e portommi la cera con quel model fatto della chiave. Subito che io viddi la cera, io gli dissi che lui e io avevamo ragione; ma che mi facessi parlare al signor Castellano perché io gli direi liberamente il caso come gli stava, il quale era di molto piú importanza che loro non pensavano.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536

   





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