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      Fummi gittato un materassuccio di capecchio in terra, e per la sera non mi fu dato da cena, e fui serrato a quattro porte: cosí istetti insino alle dicianove ore il giorno seguente. Allora mi fu portato da mangiare: ai quali io domandai che mi dessino alcuni di quei miei libri da leggere. Da nessuno di questi non mi fu parlato, ma riferirno a quel povero uomo del Castellano, il quale aveva domandato quello che io dicevo. L'altra mattina poi mi fu portato un mio libro di Bibbia vulgare, e un certo altro libro dove eran le Cronache di Giovan Villani. Chiedendo io certi altri mia libri, mi fu detto che io non arei altro e che io avevo troppo di quelli. Cosí infelicemente mi vivevo in su quel materasso tutto fradicio, ché in tre giorni era acqua ogni cosa; onde io stavo continuamente senza potermi muovere, perché io avevo la gamba rotta; e volendo andare pur fuor del letto per la necessità de' miei escrimenti, andavo carpone con grandissimo affanno per non fare lordure in quel luogo dove io dormiva. Avevo un'ora e mezzo del dí di un poco di riflesso di lume il quale m'entrava in quella infelice caverna per una piccolissima buca; e solo di quel poco del tempo leggevo, e 'l resto del giorno e della notte sempre stavo al buio pazientemente, non mai fuor de' pensieri de Dio e di questa nostra fragilità umana; e mi pareva esser certo in brevi giorni di aver a finir quivi e in quel modo la mia sventurata vita. Pure, il meglio che io potevo da me istesso mi confortavo, considerando quanto maggior dispiacere e' mi saria istato innel passare della vita mia, sentire quella inistimabil passione del coltello, dove istando a quel modo io la passavo con un sonnifero, il quale mi s'era fatto molto piú piacevole che quello di prima: e a poco a poco mi sentivo spegnere, insino a tanto che la mia buona complessione si fu accomodata a quel purgatorio.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536

   





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