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      Menatomi innanzi, uscí innanzi a me per una piccola porticella in un luogo come in una strada istretta; e quando egli mi tirò drieto a sé innella detta istrada, all'uscire di quella stanza mi trovai disarmato, ed ero in camicia bianca sanza nulla in testa, ed ero a man ritta del ditto mio compagno. Vedutomi a modo, io mi maravigliavo, perché non ricognoscevo quella istrada; e alzato gli occhi, viddi che il chiarore del sole batteva in una pariete di muro, modo che una facciata di casa, sopra il mio capo. Allora io dissi: - O amico mio, come ho io da fare, che io mi potessi alzare tanto che io vedessi la propia spera del sole? - Lui mi mostrò parecchi scaglioni che erano quivi alla mia man ritta, e mi disse: - Va quivi da te -. Io spiccatomi un poco da lui, salivo con le calcagna allo indietro su per quei parecchi scaglioni, e cominciavo a poco a poco a scoprire la vicinità del sole. M'affrettavo di salire; e tanto andai in su in quel modo ditto che io scopersi tutta la spera del sole. E perché la forza de' suoi razzi, al solito loro, mi fece chiudere gli occhi, avvedutomi dell'error mio, apersi gli occhi e guardando fiso il sole, dissi: - O sole mio, che t'ho tanto desiderato, io voglio non mai piú vedere altra cosa, se bene i tuoi razzi mi acciecano -. Cosí mi stavo con gli occhi fermi in lui; e stato che io fui un pochetto in quel modo, viddi in un tratto tutta quella forza di quei gran razzi gittarsi in sulla banda manca del ditto sole; e restato il sole netto, sanza i suoi razzi, con grandissimo piacere io lo vedevo; e mi pareva cosa maravigliosa che quei razzi si fussino levati in quel modo.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536