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      CXXV. Ivi a pochi giorni il Castellano, che pensava che io fussi fuora e libero, stretto dal suo gran male passò di questa presente vita, e in cambio suo restò messer Antonio Ugolini suo fratello il quale aveva dato ad intendere al Castellano passato, suo fratello, che mi aveva lasciato andare. Questo messer Antonio, per quanto io intesi, ebbe commessione dal Papa di lasciarmi stare in quella prigione larga, per insino a tanto che lui gli direbbe quel che s'avessi a fare di me. Quel messer Durante bresciano già sopra ditto si convenne con quel soldato, speziale pratese, di darmi a mangiare qualche licore in fra i miei cibi, che fussi mortifero, ma non subito; facessi in termine di quattro o di cinque mesi. Andorno inmaginando di mettere in fra il cibo del diamante pesto; il quale non ha veleno in sé di sorte alcuna, ma per la sua inistimabil durezza resta con i canti acutissimi, e non fa come l'altre pietre; ché quella sottilissima acutezza a tutte le pietre, pestandole, non resta, anzi restano come tonde; e il diamante solo resta con quella acutezza; di modo che entrando innello stomaco insieme con gli altri cibi, in quel girare che e' fanno e' cibi per fare la digestione, questo diamante s'appicca ai cartilaggini dello stomaco e delle budella, e di mano in mano che 'l nuovo cibo viene pignendo sempre innanzi, quel diamante appiccato a esse con non molto ispazio di tempo le fora; e per tal causa si muore; dove che ogni altra sorte di pietre o vetri mescolata col cibo non ha forza d'appiccarsi, e cosí ne va col cibo.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536

   





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