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      Questo saprà egli che cosa egli è, molto piú facilmente che lui non ha saputo che cosa fussino le lettere di naturalità -. Venne a me un mandato con il detto presente, per la qual cosa io volsi usargli cortesia: non volse accettar nulla, dicendo che cosí era commessione di Sua Maestà. Le ditte lettere di naturalità, insieme con quelle del dono del castello, quando io venni in Italia le portai meco; e dovunque io vada, e dove io finisca la vita mia, quivi m'ingegnerò d'averle.
     
      XX. Or sèguito innanzi il cominciato discorso della vita mia. Avendo infra le mane le sopra ditte opere, cioè il Giove d'argento, già cominciato, la ditta saliera d'oro, il gran vaso ditto d'argento, le due teste di bronzo, sollecitamente innesse opere si lavorava. Ancora detti ordine a gittare la basa del ditto Giove, qual feci di bronzo ricchissimamente, piena di ornamenti, infra i quali ornamenti iscolpi' in basso rilievo il ratto di Ganimede; da l'altra banda poi Leda e 'l cigno: questa gittai di bronzo, e venne benissimo. Ancora ne feci un'altra simile per porvi sopra la statua di Iunone, aspettando di cominciare questa ancora, se il Re mi dava l'argento da poter fare tal cosa. Lavorando sollecitamente, avevo messo di già insieme il Giove d'argento; ancora avevo misso insieme la saliera d'oro; il vaso era molto innanzi; le due teste di bronzo erano di già finite. Ancora avevo fatto parecchi operette al cardinale di Ferrara; di piú un vasetto d'argento, riccamente lavorato, avevo fatto per donarlo a madama de Tampes; a molti Signori italiani, cioè il signor Piero Strozzi, il conte dell'Anguillara, il conte di Pitigliano, il conte della Mirandola e a molti altri avevo fatto di molte opere.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536

   





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