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      Ancora c'era molto mobile di casa di gran valore, perché io stavo molto onoratamente: era il valore di queste mie dette robe di piú di mille cinquecento scudi. Dissi a Ascanio, che si ricordassi quanti gran benifizi lui aveva aúti da me, e che per insino allora lui era stato fanciullo di poco cervello: che gli era tempo omai d'aver cervello da uomo; però io gli volevo lasciare in guardia tutta la mia roba, insieme con tutto l'onor mio; che se lui sentiva piú una cosa che un'altra da quelle bestie di quei Franciosi, subito me l'avvisassi, perché io monterei in poste e volerei d'onde io mi fussi, sí per il grande obrigo che io avevo a quel buon Re, e sí per lo onor mio. Il ditto Ascanio con finte e ladronesche lacrime mi disse: - Io non cognobbi mai altro miglior padre di voi, e tutto quello che debbe fare un buon figliuolo inverso del suo buon padre, io sempre lo farò inverso di voi -. Cosí d'accordo mi parti' con un servitore e con un piccolo ragazzetto franzese. Quando fu passato mezzo giorno, venne al mio castello certi di quei tesaurieri, i quali non erano punto mia amici. Questa canaglia ribalda subito dissono che io m'ero partito con l'argento del Re, e dissono a messer Guido e al Vescovo di Pavia che rimandassimo prestamente per i vasi del Re; se non che loro manderebbon per essi drietomi con molto mio gran dispiacere. Il Vescovo e messer Guido ebbon molto piú paura che non faceva mestiero, e prestamente mi mandorno drieto in poste quel traditore d'Ascanio, il quale comparse in su la mezza notte.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
pagine 536

   





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