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      LXXXVII. Essendosi in questi giorni trovato certe anticaglie nel contado d'Arezzo, in fra le quali si era la Chimera, ch'è quel lione di bronzo, il quale si vede nelle camere convicino alla gran sala del Palazzo; e insieme con la detta Chimera si era trovato una quantità di piccole statuette, pur di bronzo, le quali erano coperte di terra e di ruggine, e a ciascuna di esse mancava o la testa o le mani o i piedi; il Duca pigliava piacere di rinettarsele da per sé medesimo con certi cesellini di orefici. Gli avvenne che e' mi occorse di parlare a Sua Eccellenzia illustrissima; e in mentre che io ragionavo seco, ei mi porse un piccol martellino con el quale io percotevo quei cesellini che 'l Duca teneva in mano, e in quel modo le ditte figurine si scoprivano dalla terra e dalla ruggine. Cosí passando innanzi parecchi sere, il Duca mi disse innopera, dove io cominciai a rifare quei membri che mancavano alle dette figurine. E pigliandosi tanto piacere Sua Eccellenzia di quel poco di quelle coselline, egli mi faceva lavorare ancora di giorno, e se io tardavo all'andarvi, Sua Eccellenzia illustrissima mandava per me. Piú volte feci intendere a Sua Eccellenzia che se io mi sviavo il giorno dal Perseo, che e' ne seguirebbe parecchi inconvenienti; e il primo, che piú mi spaventava, si era che 'l gran tempo che io vedevo che ne portava la mia opera, non fussi causa di venire annoia a Sua Eccellenzia illustrissima, sí come poi e' mi avvenne; l'altro si era, che io avevo parecchi lavoranti, e quando io nonnero alla presenza, eglino facevano dua notabili inconvenienti.


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La Vita di Benvenuto Cellini
di Benvenuto Cellini
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