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      E nel principio di questo suo libro, trattò della natura de’ colori, così minerali come di cave, secondo che imparò da Agnolo suo maestro; volendo, poichè forse non gli riuscì imparare a perfettamente dipingere, sapere almeno le maniere de’ colori, delle tempere, delle colle e dello ingessare, e da quali colori dovemo guardarci come dannosi nel mescolargli; ed insomma, molti altri avvertimenti de’ quali non fa bisogno ragionare, essendo oggi notissime tutte quelle cose che costui ebbe per gran segreti e rarissime in que’ tempi. Non lascerò già di dire che non fa menzione, e forse non dovevano essere in uso, d’alcuni colori di cave; come terre rosse scure, il cinabrese, e certi verdi in vetro. Si sono similmente ritrovate poi la terra d’ombra, che è di cava, il giallo santo, gli smalti a fresco ed in olio, ed alcuni verdi e gialli in vetro, de’ quali mancarono i pittori di quell’età. Trattò finalmente de’ musaici, del macinare i colori a olio per far campi rossi, azzurri, verdi e d’altre maniere, e dei mordenti per mettere d’oro, ma non già per figure. Oltre l’opere che costui lavorò in Fiorenza col suo maestro, è di sua mano, sotto la loggia dello Spedale di Bonifazio Lupi, una Nostra Donna con certi Santi, di maniera sì colorita, ch’ella si è insino a oggi molto bene conservata.» Ma appare manifesto, che il Vasari trasse queste notizie per la più parte dal libro stesso del Cennini, dove nel principio e’ tocca alcune cose di sè; libro che il Biografo aretino non ebbe veduto, se non quando pose mano alla seconda edizione delle Vite; che nella prima, così del libro come dell’autore egli tace affatto.


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Il libro dell'arte
o Trattato della pittura
di Cennino Cennini
Le Monnier Firenze
1859 pagine 275

   





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