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      Chiavalo ben distesamente, e riempi, tra ’l legno e ’l cuoio, d’un poco di cimatura. Poi in su questo tale cuscinello mettivi su un pezzo d’oro ben disteso; e con una mella ben piana taglia il detto oro a pezzuoli, come per bisogno ti fa. Alle mende che rimangono, abbi un pennelletto di vaio con punta, e con la detta tempera bagna le dette mende; e così bagnando co’ labbri un poco da capo l’asticciuola del pennello, sarà sufficiente a pigliare el pezzolino dell’oro e metterlo sopra la menda. Quando hai fornito i piani bene che a te sta di metterne, sì che per quel dì il possa brunire (come ti dirò quando hai a mettere cornici o foglie), guarda di cogliere i pezzetti così come fa il maestro che vuole inseliciare la via; acciò che sempre vadia risparmiando l’oro, il più che puoi facendone masserizia, e cuoprendo con fazzuoli bianchi quell’oro che hai mettudo.
      CAPITOLO CXXXV.
      Che pietre son buone a brunire il detto oro mettuto.
      Quando comprendi che ’l detto oro sia da brunire, abbi una pietra che si chiama lapis amatita: la quale ti voglio insegnare com’ella si fa. E non avendo questa pietra (e migliore è, a chi potesse fare la spesa, zaffiri, smeraldi, balasci, topazi, rubini, e granati; quanto la pietra è più gentile tanto è migliore), ancora è buono dente di cane, di leone, di lupo, di gatto, di leopardo, e generalmente di tutti animali che gentilmente si pascono di carne.
      CAPITOLO CXXXVI.
      Come si fa la pietra da brunire oro.
      Abbi un pezzo di lapis amatita, e guarda di sceglierla ben salda, senza nessuna vena, col tiglio suo tutto disteso da capo a piè. Poi vattene alla mola, e arruotala, e falla ben piana e pulita, di larghezza di due dita, o come puoi fare.


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Il libro dell'arte
o Trattato della pittura
di Cennino Cennini
Le Monnier Firenze
1859 pagine 275