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      Disse allora Sancio Pancia: - Signore, costui senza dubbio è il Moro; e pare ch'egli custodisca per gli altri il tesoro, e per noi le bastonate e le lucernate. - Così è, rispose don Chisciotte; ma non conviene far caso di questi incantamenti, né pigliarne collera; perché essendo invisibili e fantastici non avremmo contro cui vendicarci realmente. Alzati Sancio, se puoi, e chiama il castellano di questa fortezza, e procura che qui mi si rechi un po' d'olio, vino, sale e ramerino onde comporre il balsamo salutare, che in verità credo di averne ora sommo bisogno perché mi esce molto sangue dalla ferita riportata da questa fantasima.
      Si levò Sancio tutto addolorato nelle ossa, e s'avviò tentone alla camera dell'oste; ed essendosi incontrato nel bargello, che stava ascoltando come la passasse il suo nemico gli disse: - Signore, chiunque voi siate, fatemi il favore e la grazia di darmi un po' di ramerino, di olio, di sale e di vino, de' quali ho necessità per curare uno dei migliori cavalieri erranti che sieno al mondo, il quale giace ferito pericolosamente sopra quel letto per mano dell'incantato Moro che trovasi in questa osteria." Il bargello ad udire queste parole, lo tenne per pazzo, e poiché cominciava già a farsi giorno, aprì la porta della osteria, e chiamato l'oste, fecegli sapere quanto da quel pover'uomo si domandava. L'oste gli somministrò quanto voleva, e Sancio recò ogni cosa a don Chisciotte, che si teneva la testa fra le mani, lamentandosi del dolore arrecatogli dalla lucernata, la quale gli aveva prodotto due enfiagioni assai rilevanti; ma quello che pensava fosse sangue non era altro che un sudore promosso dall'angoscia pei passati tormenti.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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