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      - Tu conosci ben poco, rispose don Chisciotte: le cose della cavalleria! Taci ed abbi sofferenza; che verrà il giorno in cui vedrai cogli occhi tuoi propri quanto onore ci ridonderà dall'esercizio di questa professione; e dimmi di grazia: qual maggiore contento può agguagliare a quello di vincere una battaglia e trionfare di un suo nemico? Nessuno senza dubbio. - Così sarà, rispose Sancio, giacché io non m'intendo di queste cose; ma intanto daché siamo diventati cavalieri erranti, od almeno vossignoria (che io non sono tale da essere collocato in quel numero,) altra battaglia non si è vinta tranne quella di Biscaino, ed anche allora ne partì la signoria vostra con mezz'orecchia e mezza celata di meno: dopo di essa tutto è proceduto a bastonate e a pugna, ed io, in aggiunta, sono stato sbalzato in aria col copertoio da persone incantate delle quali non posso pigliar vendetta; e perciò non so ancora sin dove arrivi il gusto di vincere il nemico, com'ella dice. - Questo è il rammarico che sento io, e che provar dèi tu pure, o Sancio, rispose don Chisciotte, ma procurerò da qui innanzi di aver alle mani una spada costrutta con tale maestria, che chi la porta non possa mai andar soggetto ad incanti: potrebbe anche avvenire che il caso mi facesse padrone di quella di Amadigi quando si chiamava il cavaliere dell'ardente spada, che fu una delle migliori che mai cingesse cavaliere al mondo, e che oltre alle qualità che ti ho narrate tagliava come un rasoio, né v'aveva armatura, fosse pur quanto si vuole incantata e forte, che le resistesse.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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