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      - Servirò vossignoria molto volentieri, rispose colui; ed ella saprà che quantunque io le abbia detto di essere chierico, non sono che baccelliere, e mi chiamo Alfonso Lopez nativo di Alconvendas; vengo dalla città di Baeza con altri undici sacerdoti, che sono quelli che fuggirono colle torce accese, e siamo diretti alla città di Segovia per accompagnare un corpo morto che giace in quella lettiga; ed è il corpo di un cavaliere mancato di vita in Baeza dove stette depositato per qualche tempo, e adesso, come dico, ne portiamo le ossa al suo sepolcro ch'è in Segovia sua patria. - E chi lo ammazzò? domandò don Chisciotte. - Dio che gli mandò una febbre maligna, rispose il baccelliere. - A questo modo, soggiunse don Chisciotte, nostro Signore mi ha disobbligato dal pensiero di vendicare la sua morte, il che avrei fatto se fosse stato ucciso da qualcun altro; ma essendo mancato di vita per la causa che mi adducete, non vi è altro che starsene cheti e stringersi nelle spalle; che già si farebbe lo stesso se si trattasse della morte mia. Bramo per altro che sappia vostra riverenza ch'io sono il cavaliere della Mancia, chiamato don Chisciotte, e che il mio dovere e il mio esercizio consistono nello andare per lo mondo raddrizzando torti, e vendicando soperchierie. - Non posso intendere, disse il baccelliere, come raddrizzate i torti, mentre di diritto ch'io era mi lasciate qui storto con rotto una gamba, la quale non si raddrizzerà mai più finché io vivrò; e quella soperchieria da cui mi avete salvato consiste nel ridurmi a modo da ricordarmene per tutta la vita; ah!


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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