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      - Di che ridi tu, Sancio? domandò don Chisciotte. - Rido, rispos'egli, considerando la gran testa che aveva il pagano, padrone di questo elmetto; il quale poi somiglia ad un bacino di barbiere per modo che non vi corre la più piccola differenza. - Sai tu ciò ch'io ne penso, o Sancio? questa gran rarità di quest'elmo incantato sarà, per qualche straordinario accidente, pervenuta alle mani di chi non seppe né conoscere né apprezzare il suo merito; e senza por mente a ciò che si facesse, vedendola d'oro purissimo, ne avrà fuso una metà per approfittarsi del ricavato, e d'altra metà avrà fatto questo che sembra appunto bacino come tu dici; ma sia pure quale si voglia, ché io che pienamente lo conosco, non fo il menomo caso di questa sua trasformazione, e nel primo villaggio dove io mi avvenga in un fabbro saprò rassettarlo di tal maniera che diverrà quasi migliore, e non avrà ad invidiare quello che il dio delle fucine fabbricò al dio delle battaglie; frattanto ne userò come posso, che sempre vale più che niente, od almeno varrà a difendermi da qualche colpo di pietra. - Purché, disse Sancio, non sia la pietra slanciata con una fionda, come ci fu tirata nella battaglia dei due eserciti quando ruppero a vossignoria i mascellari e l'orciuolo che contenea quel benedettissimo beverone che mi ha fatto recere le budella. - Non mi dà gran fastidio, replicò don Chisciotte, che l'orciolo sia rotto, perché già sai che n'ho la ricetta a memoria. - Me ne ricordo ancor io, rispose Sancio, ma mi colgano mille malanni se ne assaggio una goccia, fossi pure agli estremi della mia vita.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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