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      Il contenuto loro non era se non querele, lamenti, differenze, gioie e disgusti, favori e sdegni, ricevuti gli uni con allegrezza, gli altri con pianto. Frattanto che don Chisciotte squadernava il libro, Sancio visitava il valigiotto con somma diligenza frugandone ogni angolo affinché nulla scappasse dalle sue perquisizioni: tanto lo avean reso avido gli scudi trovati, che passavano i cento. Non trovò nulla più: ma tuttavia gli parve che non fossero stati senza un buon perché lo sbalzamento nella coperta, il vomito del beveraggio, la benedizione delle stanghe, le spuntate del vetturale, il latrocinio delle bisacce, la perdita del gabbano, il furto dell'asino, e tutta la fame, sete ed affanni che avea sofferti in servigio del suo buon padrone; sembrandogli che di tutto lo compensassero le cose allora trovate.
      Gran desiderio rimase nel Cavaliere della Trista Figura di sapere chi fosse il padrone del fardello, conghietturando dal sonetto e dalla lettera, dalle monete d'oro e dalle fine camicie, che dovesse essere un ricco innamorato, condotto a quella disperata risoluzione dagli sdegni e dai mali trattamenti della sua signora. Ma non vedendosi alcuno in quelle deserte e dirupate balze da cui averne contezza, non si curò di altro che di seguitar la sua via lasciandosi condurre a voglia di Ronzinante, dove cioè la povera bestia potesse andare; sempre con la immaginaria fiducia che non gli potesse mancare fra quei dirupi qualche nuova e strana ventura. Proseguendo adunque il cammino immerso in questi pensieri vide sulla cima di una montagnuola che se gli offriva allo sguardo un uomo che andava saltando di masso in masso e di macchia in macchia con gran leggerezza.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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