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      Obbedì Sancio, e condottisi in disparte ambedue, don Chisciotte gli disse: - Da poi che ritornasti non ebbi agio di chiederti di molte particolarità intorno all'ambasceria da te eseguita; ma giacché la sorte ci offre tempo e luogo, non mi toglierai tu il bene che dee in me derivare dalle novelle felici che sarai per darmi. - Domandi vossignoria ciò che brama, rispose Sancio, che saprò dare principio e fine a ogni cosa; ma la supplico, signor mio, di non essere da qui innanzi tanto vendicativo. - Perché dici tu questo, o Sancio? gli domandò don Chisciotte. - Lo dico, rispose, perché le bastonate or ora ricevute sono più per la quistione che il diavolo suscitò fra noi due nella scorsa notte, che non per quello che dissi in offesa della signora Dulcinea, ch'è da me amata e venerata come una reliquia, benché tale non sia, ma per la considerazione ch'ella è cosa tutta affatto della signoria vostra. - Non torniamo, disse don Chisciotte, a cotali cimenti che m'inquietano; io ti ho perdonato frattanto, e sai bene che si suol dire: a nuovo peccato nuova penitenza."
      Mentre si trattenevano in questi discorsi videro venir per la strada da loro battuta un uomo portato da un asino, e quando fu vicino sembrò loro che fosse un zingaro: ma Sancio Pancia, che al solo vedere asini sentiva fuggirsegli l'anima dagli occhi, appena vide quell'uomo, e subito riconobbe esser egli Gines di Passamonte, e dal filo dello zingaro ritrovò il gomitolo del suo asino, ch'era quel desso cavalcato da Passamonte; il quale per non essere conosciuto e poter vendere l'asino, erasi travestito da zingaro, il cui linguaggio e altre molte cose sapea, come se fosse derivato da quella schiatta.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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