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      Vedendo la seguente mattina il padrone di casa ch'era già tardi, e che Anselmo non chiamava, si determinò di entrare nella sua stanza per sapere se erasi liberato dalla piccola indisposizione. Così fece, ma con ispavento lo vide steso colla bocca all'ingiù, colla metà della persona sul letto e coll'altra metà sul tavolino sopra il quale stava la carta scritta ed aperta tenendo egli tuttavia in mano la penna. Si accostò l'amico avendolo prima chiamato e preso per mano; ma non sentendosi rispondere, e trovandolo freddo freddo conobbe che già non era più in vita. Stupito e doglioso all'estremo, chiamò i suoi servitori per riconoscere la disgrazia avvenuta ad Anselmo, e tolto quel foglio che riconobbe di pugno del suo amico, vide ch'era così concepito:
      Un folle ed indiscreto desiderio mi ha privato di vita. Se le nuove della mia morte perverranno a Camilla le sia noto che le perdono non essendo essa obbligata a cose soprannaturali, né io avrei dovuto esigerle da lei. Poiché sono stato io medesimo il fabbro del mio disonore, non ho di che...
      Fin qui scrisse Anselmo: dal che si ebbe a dedurre che a quel punto, senza poter compire lo scritto, mancata gli fosse la vita. Nel giorno seguente diede lo sconsolato amico ragguaglio del tragico fine di Anselmo ai parenti suoi, i quali seppero altresì qual era il monastero in cui si trovava Camilla. Anche questa sciagurata era quasi giunta al punto di accompagnare lo sposo nel suo viaggio all'eternità; e ciò non per le nuove ricevute della morte di lui, ma per aver risaputo che il suo amico Lotario se n'era fuggito.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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