Pagina (437/1298)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Parlò a questo modo la valente Dorotea; dopo di che don Chisciotte si rivolse a Sancio, e tutto sbuffante di collera si fece a dirgli:
      Ora sì mi converrà dirti, Sanciuzzo mio caro, che sei il più gran furfante che si trovi in Ispagna; dimmi, ladrone vagabondo, non mi hai tu or ora fatto credere che questa principessa erasi trasformata in una donzella che si chiama Dorotea e che la testa che io credeva di aver tagliata al gigante era il malanno che ne porta ogni cosa, con la giunta di altre infinite bestialità che mi avvolsero nella maggior confusione in cui fossi mai trovato nel corso della mia vita? Ah corpo di... (e guardò il cielo stringendo i denti), che starei per isbranarti affinché dal tuo esempio imparassero a non essere bugiardi quanti scudieri di cavalieri erranti saranno quind'innanzi al mondo. - Si calmi vossignoria, mio signore, rispose Sancio, che potrei bene essermi ingannato per quello che risguarda il cambiamento della signora principessa Micomicona; ma per quanto si appartiene alla testa del gigante, o almeno al foramento degli otri e dell'essere vino rosso il creduto sangue, non mi sono, viva Dio, ingannato; perché gli otri se ne stanno là forati presso il capezzale del suo letto, e il vino rosso ha allagato tutta la camera: e s'ella non lo crede si accorgerà al friggere delle uova; voglio dire che lo vedrà quando qui il signor oste le domanderà il pagamento dei danni sofferti; e in quanto poi all'altro particolare della signora regina, non vi è certamente chi più di me si allegri fino al cuore che essa seguiti ad esser tale, perché ci ho la mia parte come ogni altro.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





Parlò Dorotea Chisciotte Sancio Sanciuzzo Ispagna Dorotea Sancio Micomicona Dio