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      Ma noi andavamo a cogliere ben lungi dal vero; e dopo d'allora nostro unico trattenimento era guardare qual porto di sicurezza la finestra da cui era comparsa la stella di quella canna. Scorsi quindici giorni senza che più comparisse; né la mano, né verun altro segnale; e quantunque durante quell'intervallo di tempo cercassimo con ogni diligenza di sapere chi vivesse in quella casa, e se in essa vi fosse qualche Cristiana rinnegata, non ci venne fatto di scoprire se non che era abitata da un ricco e principalissimo Moro che chiamavasi Agi-Morato, già castellano della Patta, carica molto considerevole appresso quelle genti. Quando noi disperavamo di veder piovere mai più da quel pertugio altri ziani, ci ricomparve inattesa la canna ed altro pannilino attaccatovi con nodo più grosso, in un momento che il bagno era rimasto vuoto come la prima volta. Come allora vi andammo tutti e tre successivamente, restando io l'ultimo di tutti; ma la canna si piegò per me solo. Sciolto il nodo, vi trovai quaranta scudi d'oro spagnuoli ed una lettera scritta in arabo, con una croce nell'alto dello scritto. Baciai la croce, pigliai gli scudi, tornai alla loggetta, facemmo tutti il nostro saluto, ricomparve la mano, ed io diedi segno che avrei letta la lettera, e incontanente si chiuse la finestra. Confuso e lieto restò ognuno di noi per quella inattesa avventura; ma perché nessuno intendeva l'arabo, la difficoltà di trovare chi lo leggesse andava di pari passo col desiderio di poterne conoscere il contenuto.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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