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      Don Chisciotte si offerse di fare la guardia al castello per impedire che qualche gigante o qualche malvagio incantatore venisse ad assalirli, invidioso del gran tesoro di bellezze che ivi si richiudevano. Queglino che lo conoscevano gli attestarono il loro gradimento, e diedero contezza al giudice dello strano umore di don Chisciotte, di che rise anche egli.
      Il solo Sancio Pancia si disperava che tanto s'indugiasse l'andar a letto, e fu egli l'unico che si adagiò meglio di ogni altro coricandosi sopra i fornimenti del suo asino, che tanto gli costarono come si dirà più avanti. Ritiratesi dunque le signore nella loro stanza, ed accomodatisi gli altri alla meglio, don Chisciotte uscì dell'osteria per far sentinella al castello siccome aveva promesso. Avvenne poi che, già essendo vicina a comparire l'alba, giunse all'orecchio delle donne una voce sì intonata e sì armoniosa che le obbligò tutte a prestarle attenzione, e Dorotea specialmente che era svegliata e presso cui stavasene donna Chiara di Viedma, la figlia del giudice. Nessuno potea indovinare chi fosse la persona che cantava sì bene, ed era una voce sola senza accompagnamento di stromento alcuno. Sembrava talora che cantasse nel cortile, altra volta nella stalla. In tale incertezza venne Cardenio alla porta della camera, e disse: - Chi non dorme ascolti che sentirà la voce di un vetturino, il quale canta in modo che fa stupore. - Noi lo udiamo già, o signore, rispose Dorotea." Con questo, Cardenio partì, e stando Dorotea ad ascoltare intese che la canzone era questa:


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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