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      Tanto più ciò teneva per certo in quanto che vedeva Ronzinante non muoversi né punto né poco; e credeva che senza mangiare, bere e dormire, egli ed il suo cavallo avrebbero dovuto restare colà finché cessato non fosse il maligno influsso dell'avversa stella, o finché qualche altro più savio incantatore non giugnesse a disfare la stregoneria.
      S'ingannò di molto nelle sue molte fantasie; perché cominciò appena ad apparire il sole che arrivarono all'osteria quattro uomini a cavallo molto ben vestiti portando i loro archibusi sopra gli arcioni. Picchiarono forte alla porta, che stava tuttavia chiusa, e don Chisciotte, il quale immaginavasi di far tuttavia la sentinella, sentendoli, con alta ed arrogante voce disse loro:
      - Cavalieri, scudieri, o chiunque voi siate, picchiar non dovete alla porta di questo castello, e dovete pur sapere che a quest'ora quelli che vi si rinchiudono, stanno dormendo e non usano di aprire la fortezza se prima il sole non è tutto alzato; allontanatevi dunque ed attendete che il giorno s'inoltri, che conosceremo allora se sia giusto o no che vi sia aperto.
      - Che diamine di fortezza, disse uno di loro, o di castello è mai codesto da obbligarci a queste cerimonie? Se siete l'oste ordinate che ci aprano, che noi siamo passeggieri e non vogliamo se non dare la biada alle nostre cavalcature, e passare avanti perché abbiamo gran fretta.
      - Sembra a voi, o cavalieri, disse don Chisciotte, che io abbia ciera da oste?
      - Non so di che v'abbiate ciera, rispose un altro; dico bene che vi scappano di bocca spropositi bestiali chiamando castello quest'osteria.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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