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      Ed ora stimano forse le signorie vostre che costi poco travaglio la composizione di un libro? Ma se non bastasse la evidenza di questo racconto, farai, amico lettore, sentire quest'altro che tratta egualmente di un pazzo e di un cane.
      Viveva in Cordova un altro pazzo che usava portare sulla testa un pezzo di marmo, od un mattone grosso e pesante, e scontrandosi in qualche cane sbandato, gli andava accosto e gli lasciava piombare addosso quel peso. Inferociva il cane, e mettendo latrati ed urli la dava quanto poteva alle gambe. Avvenne che fra i cani ai quali egli fece quel brutto regalo, uno ne trovò di un berettaio che lo teneva molto caro. Cadde la pietra, e colse sulla testa il povero animale, che mezzo schiacciato assordò tutti coi latrati. Fu veduto ed udito dal padrone, che, tolta una lunga misura di legno, raggiunse il pazzo, né gli lasciò osso sano, dicendogli ad ogni bastonata: Furfante indegno, col mio povero bracco tu te la prendi? Non ti accorgesti, manigoldo che il mio cane era un bracco?
      E reiterando il nome di bracco più e più volte, lasciò finalmente andare il pazzo tutto macinato dalle percosse. Posto costui in avvertenza da questo esempio, non uscì di casa per oltre un mese: a capo del quale tornò a farsi vedere collo stesso divisamento di prima, e portando anche una pietra più grande. Quando però abbattevasi in qualche cane lo guardava fissamente, e non osando scaricare la pietra, diceva a sé stesso: Guardate; che questo è bracco! In effetto, qualunque si fosse il cane in cui s'incontrava, fosse pure un côrso o cagnolino gentile, diceva sempre ch'era bracco, e in tal modo si astenne in progresso dal più avventare altre pietre.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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