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      Sansone gliela offerì, perché sapeva che un suo amico non si sarebbe rifiutato di dargliene una che aveva, tuttoché la ruggine l'avesse resa più nera che bianca.
      Sono indicibili le maledizioni che la serva e la padrona scagliarono contro il baccelliere; si strappavano i capelli, si graffiavano il viso, ed alla foggia delle prefiche di un tempo si querelavano della partenza del loro signore e padrone come se trattato si fosse della vera sua morte.
      Sansone intanto persuadeva don Chisciotte a partire un'altra volta per mandare ad esecuzione quanto narrerà la storia più innanzi, e tutto per consiglio del curato e del barbiere coi quali egli si era benissimo inteso. Nei detti tre giorni dunque don Chisciotte e Sancio misero in assetto ciò che parve loro opportuno, ed essendosi pacificati Sancio con sua moglie, e don Chisciotte colla nipote e colla serva, sull'imbrunire della notte, senz'essere veduti da chi che sia, tranne il baccelliere che volle accompagnarli mezza lega circa fuori del paese, si avviarono al Toboso.
      Era don Chisciotte sopra il suo Ronzinante, e Sancio, sopra il suo antico giumento colle bisacce ben provvedute per la bucolica, e con una borsa di danari che don Chisciotte gli avea data pei futuri bisogni. Sansone abbracciò il cavaliere, e lo pregò a volergli dare in avvenire le nuove della sua buona o trista ventura per averne consolazione nel primo caso, o per contristarsene se gli accadesse male, e ciò conformemente alle leggi dell'amicizia.
      Promise don Chisciotte, Sansone tornò a casa, e i due viaggiatori pigliarono il cammino verso la grande città del Toboso.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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