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      La compiacque il poeta, e ve la inserì in modo del tutto indegno di una signora, ma essa rimase soddisfatta di sentirsi rammentata benché fosse con sua ignominia. È anche simile a questo il caso di quel Greco che appiccò il foco al famoso tempio di Diana, una delle sette maraviglie del mondo, solamente perché si eternasse il suo nome nei secoli futuri e benché siasi comandato ad ogni scrittore di non menzionarlo mai, né di farlo passare in verun altro modo alla posterità, sicché non ottenesse il suo fine, tuttavia si seppe che Erostrato era il suo nome. Si confà egualmente a questo proposito l'avvenuto al grande imperatore Carlo V con un cavaliere romano. Bramò l'imperatore di vedere quel celebratissimo tempio della Ritonda, che anticamente era chiamato Panteon, ossia Tempio di tutti gli Dei, e meglio oggi si chiama di tutti i Santi; edifizio rimastoci il più conservato di quanti altri alzò la gentilità in Roma e quello che più di tutti mostra la fama della grandiosità e magnificenza dei suoi fondatori. È costrutto in forma di un mezzo arancio, di grande altezza e assai arioso, senza altra luce fuorché quella di una finestra, o a meglio dire un occhio tondo che ha sulla cima. E da quell'apertura stette l'imperatore contemplando quell'edifizio accompagnato da un cavaliere romano che andavagli dichiarando la eccellenza e le particolarità tutte di sì augusta mole e sì memorabile architettura. Alzatisi un cotal poco, il cavaliere disse all'imperatore: «Mille volte, sacra Maestà, mi venne la tentazione di abbracciarmi colla maestà vostra, e di precipitarmi congiuntamente a lei da questo pertugio per eternare al mondo il mio nome.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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