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      Portano i re sulle loro spalle i corpi dei santi o baciano le loro reliquie o i pezzetti delle loro ossa, e con questi arricchiscono i loro oratori e gli altari più sontuosi.
      - E che vuoi tu che io inferisca da quanto vai dicendo, o Sancio? soggiunse don Chisciotte.
      - Voglio che vossignoria conosca, continuò Sancio, che a noi sarebbe meglio metterci per la strada di diventare santi, e così per la più corta otterremmo quella fama cui vossignoria pretende; ed avverta che ieri o ier l'altro (ché non essendo da molto tempo si può parlare con questi termini) beatificarono due frati agli Scalzi, e adesso si tiene per gran ventura il poter toccare e baciare le catene dalle quali il loro corpo era cinto e tormentato, e sono in molto più alta venerazione di quella che la gente porta alla spada di Roldano, la quale dicono che sta nell'armeria del re nostro signore, che Dio conservi. Ora dunque signor mio, vale assai più essere umile fraticello di qualche Ordine, che valoroso ed errante cavaliere; e possono più presso Dio due dozzine di discipline che duemila colpi di lancia, comunque sieno diretti contro giganti o fantasime o visioni.
      - Tutto questo è vero, rispose don Chisciotte, ma non possiamo tutti esser frati, e molte sono le strade per le quali il Signore guida i suoi alle regioni del cielo: la cavalleria è una religione, e v'hanno nel paradiso cavalieri che sono santi.
      - Sarà forse vero, rispose Sancio, ma io ho sentito dire che vi sono in cielo più frati che cavalieri erranti.
      - Per lo appunto, perché maggiore è il numero dei frati che quello dei cavalieri.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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