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      - E che? si credeva, rispose l'altro, ch'io fossi qualche scudiere fallito? Io porto sulle groppe del mio cavallo una provvigione più grande di quella che trae seco un generale quando va alla guerra.»
      Mangiò Sancio senza farsi pregare, e mandò giù bocconi al buio grossi come nodi di pastoie. Disse poi:
      - Oh vossignoria sì, ch'è scudiere fedele e regale, andante e restante, magnifico e grande come lo fa vedere il presente banchetto, che se non è comparso qua per l'arte d'incanto, almeno lo pare; e non è come son io, poveretto disgraziato, che non porto nelle mie bisacce se non un po' di formaggio tanto duro, che si potrebbe con un tocco accoppare un gigante; e gli fanno compagnia quattro dozzine di carrube ed altrettante di nocciuole, e tutto questo in forza della povertà del mio padrone, e dell'essersi egli cacciato in testa che l'ordine a cui appartiene (quello cioè dell'errante cavalleria) non abbia da mantenersi e sostentarsi se non con frutta secche e con erbe della campagna.
      - Per fede mia, fratello, replicò l'altro, ch'io non ho lo stomaco fatto per bagattelle, o pere salvatiche, o per le radicchie dei monti. Restino colle loro opinioni e colle loro leggi cavalleresche i nostri padroni, e mangino come loro piace, che io porto con me della carne fredda, e questa borraccia attaccata all'arcione della sella per tutto quello che potesse occorrere, e sono a lei sì devoto e amoroso che pochi intervalli trascorrono senza ch'io le dia mille abbracci.»
      E nel dir questo pose la borraccia in mano a Sancio, il quale, alzandola bene all'aria, la portò alla bocca, e se ne stette guardando per un quarto d'ora le stelle.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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