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      Volea frattanto viaggiare e penetrar dentro la grotta di Montesino, di cui si raccontavano in quei contorni tante e sì mirabili cose; e voleva conoscere il nascimento e le vere vene delle sette lacune, chiamate comunemente di Ruidera. Don Diego ed il suo figlio lodarono altamente questa sua onorevole risoluzione, ed esibirongli di buon cuore quanto potesse essere in casa loro opportuno a fargli conseguire il propostosi fine, mentre si credevano a questo obbligati per lo valore della sua persona e per la onorificenza di sua professione.
      Giunse finalmente il giorno di sua partenza tanto giulivo per don Chisciotte quanto malinconico per Sancio Pancia, il quale trovava tutto il suo conto nell'abbondanza che regnava in casa di don Diego. Gli doleva di tornare alla fame che si patisce nelle foreste e nei deserti, ed alla scarsità delle sue mal provvedute bisacce, le quali a buon conto fornì a dovizia di tutto quello che gli parve più necessario.
      Nel licenziarsi disse don Chisciotte a don Lorenzo:
      - Non so se altra volta io abbia detto alla signoria vostra, e, se lo dissi, or lo ripeto, che quando vogliate risparmiare la fatica del cammino e dei travagli per giugnere alla inaccessibile vetta del tempio della Fama, altro non vi è mestieri se non se lasciar da parte il sentiere della poesia ch'è un po' stretto, per battere quello strettissimo della errante cavalleria, la quale può in tratto farvi diventare imperadore.»
      Con questo avvertimento terminò don Chisciotte di chiudere il processo della sua pazzia ed ancora più col seguente:


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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