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      «Non mi so dare a credere, né posso persuadermi che sia avvenuto al valoroso don Chisciotte quanto parola per parola sta scritto nell'antecedente capitolo. E dico questo perché le avventure prima di adesso riportate hanno del verisimile, e possono essergli accadute; ma questa della grotta, senza verun carattere di verità, esce da ogni confine del ragionevole. Pure non può supporsi che abbia mentito un cittadino sì veritiero e un cavaliere il più eroico de' tempi suoi come fu don Chisciotte, che non avrebbe detto una bugia se lo avessero saettato. Considero ancora che ne fece il racconto egli stesso, e che lo espose colle più minute già riferite circostanze, né poté certamente in uno spazio di tempo sì breve fabbricare così grande macchina di spropositi. In ogni modo se sembrasse apocrifa quest'avventura, non è mia colpa, e quindi o vera o falsa che sia, io la scrivo, e tu, o lettore, giudica colla prudenza tua quello che te ne pare, che altro non mi resta da soggiungere.»
      Si vuole avvertire che al punto della sua morte, alcuno creda che siasi la storico ritrattato, e detto abbia che fu da esso lui inventata sembrandogli analoga e nicchiata bene tra le avventure che aveva lette nelle sue istorie.
      Intanto egli proseguì dicendo:
      Fu meravigliato il giovane sì della tememerità di Sancio come della sofferenza del suo padrone, e giudicò che la gioia di avere veduta la signora Dulcinea del Toboso, tuttoché incantata, renduto lo avesse sì tollerante come mostrava di essere. Se ciò non fosse stato, le parole e le ingiurie che dette gli aveva Sancio, gli avrebbero meritato un centinaio di bastonate; perché realmente ecceduto aveva nella sua audacia.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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