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      - In Ispagna, rispose il giovane, vi sono dei signori e dei grandi ai quali li potrei indirizzare.
      - Non molti, rispose don Chisciotte: e non già perché non meritino, ma perché non li vogliono accettar per non obbligarsi a quella ricompensa che pare dovuta al lavoro ed alla valentìa degli autori. Io per altro conosco un principe che può supplire alle mancanze degli altri con tanto vantaggio che se lo nominassi desterei l'invidia in più di quattro generosi cuori: ma lasciamo questo a tempo più opportuno, e pensiamo intanto al luogo dove potremo ricovrarci nella notte ventura.
      - Non lungi di qua, disse il giovane, evvi il casolare dove soggiorna un eremita, che dicono essere stato già ascritto alla milizia, e che gode riputazione di buon cristiano e di uomo molto discreto e caritativo: ed egli tiene accanto al suo romitorio una picciola casa fabbricata a sue spese; la quale tuttoché ristretta, è atta ad albergare forestieri.
      - Questo romito mantiene galline? domandò Sancio.
      - Pochi romiti sono che non ne mantengano, rispose don Chisciotte, non essendo quelli di oggidì come gli antichi abitatori dei deserti di Egitto, che si vestivano di foglie di palme, e si pascevano di sole radici. E qui nol credasi che per lodare quelli io voglia recare pregiudizio alla riputazione di questi; non intendendo io se non dire che se il rigore e le ristrettezze dei nostri romiti non agguagliano l'austerità di vita degli antichi, che per altro i nostri, se pure non fossero tutti buoni, come si dice, poiché ora va tutto alla peggio, faranno sempre minor male coll'ipocrisia, la quale finge l'uomo dabbene, di coloro che sono pubblicamente malvagi.


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Don Chisciotte della Mancia
di Miguel de Cervantes Saavedra
Edoardo Perino
1888 pagine 1298

   





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